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Alessandra M. Sette: hai iniziato la tua carriera di artista con la pittura e non te ne sei mai allontanato, dimostrando grande coerenza nelle scelte e molto coraggio nel perseverare con questo linguaggio in anni in cui semmbra che il fare artistico consenta tutto tranne che dipingere. La pittura, per te, sembra dunque essere il mezzo per indagare la realtà, per arrivare all’essenza delle cose, alla verità e alla fonte dei sentimenti. E sembra essere anche il controllo della forma e la risposta all’esigenza di comunicare. Tu dimostri, insomma, una serena disponibilità ad applicare la pittura al mondo reale, alle situazioni quotidiane, ai moti dell’anima, all’insiidia delle psicosi, anche dopo molti anni di complicazioni intellettualistiche e negazioni che paralizzavano ogni tentativo di rappresentazione del reale, per poter arrivare ad una comunicazione profonda e vera. E’ corretta questa interpretazione che diamo al tuo lavoro?
Aurelio Bulzatti: non so dire se fare pittura nel 2003 significhi essere coraggiosi oppure incoscienti. Prendere una tela, prepararla, cominciare il disegno del soggetto, per passare poi alla pittura “tradizionale”, fa venire i brividi solo a pensarci. Inoltre, c’è da considerare che questo è solo il primo anello di una catena ben più lunga. Una volta che il lavoro è finito,ci vuole un critico disposto ad occuparsene, “a perdere tempo”, considerato il fatto che sembra che oggi non ci sia più nessuno che sappia cos’è la pittura. Mi sembra che di essa sopravviva solamente un retaggio “concettuale” che serve da supporto ad operazioni di altro tipo. Ma, al di là di queste considerazioni, per me non c’è niente di meglio che rappresentare una visione con la pittura, la forma, il gusto del colore il senso dell’ espressione che questo linguaggio pittorico, fuori dal tempo, a-storico,ti da. E’ proprio vero che la pitttura dà torto alla storia. questa, forse, è la sua forza.
AMS: è facile individuare un “filo rosso” che lega la tua pittura con quella dei grandi artisti del Novecento, come, ad esempio, de Chirico e Morandi. Ma, a ben guardare, in essa si ravvisano anche altri legami, che ci portano ancora più indietro nel tempo.
AB: sicuramente il legame più diretto tra la mia pittura e la storia è con la tradizione pittorica del Novecento. Penso soprattutto a pittori come de Chirico e Morandi, ma anche Sironi, pittori che io definisco “completi”. A sua volta, la loro pittura mi porta direttamente verso quella rinascimentale, il periodo che maggiormente amo. E, accanto a questo, per me è molto importante l’ arte greca. Non c’è, nel mio lavoro, figura di donna o di uomo, non c’è ritratto o testa, per i quali io non abbia usato, come traccia o come primo abbozzo, un marmo antico. Queste statue mi danno sempre un piacere e un gusto … che non so .
AMS: quando dipingi la figura, per la maggior parte delle volte ti concentri sulle figure femminili. C’è un motivo specifico?
AB: di solito, procedo per associazioni. c’è un’immagine, qualunque,’ non importa. Questa produce un’ eco, un fremito inconscio che mi soddisfa. è profondo, non c’è più il senso del tempo e dello spazio, ma rimane un mito, l’archetipo, e, in questo senso quello femminile è molto forte. Il tempo mi sembra che li si fermi e si procede verso il silenzio.ci si esprime per interposta persona, e quella femminile è evidentemente per me la più adatta .
AMS: un altro elemento che è spesso presente nei tuoi dipinti è l’oriente, sia come soggetto che come atmosfere.
AB: in questa mostra l’oriente è presente nella serie degli ”Altari domestici” e nei due dipinti “Monaci erranti”. Quiè il tema del sacro e della ricerca di un senso che è protagonista. E ancora una volta la pittura, con la sua capacità di trasfigurare, mi aiuta a esprimere tutto ciò. Avrei potuto fare delle belle foto, ma perché togliersi il gusto di inventarsi una visione e il piacere di “perdere tempo” dipingendola?
Alessandra Maria Sette